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Oratorio SS Sacramento

AUDIO GUIDA (scegli la tua lingua)

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Gentile visitatore,

ti diamo il benvenuto all’Oratorio del Santissimo Sacramento.

Questa guida è stata realizzata dalla Associazione Jonathan Livingston odv, con il patrocinio del Comune di Carini, grazie ai fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza del Ministero della Cultura inseriti nella Missione uno (Digitalizzazione, innovazione, competitività, cultura e turismo), e Componente tre (Turismo e Cultura quattro punto zero).

Siamo onorati che tu abbia scelto di visitare questo luogo.

L’Oratorio del Santissimo Sacramento è un luogo di grande valore storico e artistico, nato per volontà del Barone di Carini Vincenzo-II La Grua-Talamanca e di Fra Matteo Iannello, Vicario della Curia di Carini. Su loro richiesta, il Vescovo di Mazara inviò al Papa Paolo Sesto una petizione per istituire una Compagnia del Santissimo Sacramento a Carini. Tale richiesta venne accolta con un Breve Pontificio datato primo luglio millecinquecentocinquantasette.

L’obiettivo della Compagnia era la diffusione del culto dell’Eucaristia, in risposta alle eresie luterane e in linea con le direttive del Concilio di Trento, che si concluse nel millecinquecentosessantatrè. La prima sede della Congregazione fu all’interno della Chiesa Madre, nella zona oggi occupata dalle ultime tre cappelle a sinistra, con ingresso nell’area dove ora si trova l’altare del Sacro Cuore, un tempo dedicato a San Sebastiano.

Grazie alle cospicue rendite e ai numerosi legati testamentari, la Compagnia divenne presto una delle confraternite più ricche e, all’inizio del Seicento, fu possibile costruire una nuova sede. Alla fine dello stesso secolo, si decise di decorare e arricchire gli interni spogli della nuova sede, ispirandosi agli oratori palermitani.

La facciata esterna

La facciata dell’Oratorio del Santissimo Sacramento, adiacente alla Chiesa Madre di Carini, presenta un’impostazione semplice e di aspetto tendenzialmente sobrio, ma arricchito da dettagli ornamentali in corrispondenza degli ingressi e delle finestre. L’insieme architettonico può essere così descritto:

La parte superiore della facciata segue la linea del tetto a capanna (due spioventi che convergono al colmo), creando un profilo a cuspide semplice e privo di frontoni o timpani ornamentali.

Il paramento murario è intonacato e, benché oggi si presenti con tracce di ingiallimento e patina di umidità, conserva un’evidente uniformità che ne evidenzia la forma essenziale.

A livello visivo, si distinguono due assi verticali principali che racchiudono porte e finestre: la scansione orizzontale si concentra sostanzialmente su due piani, quello inferiore degli ingressi e quello superiore delle aperture finestrate.

La simmetria è data dai due portali gemelli in basso e dalle due finestre rettangolari allineate in alto.

L’accesso avviene tramite due porte lignee scolpite, realizzate nel Seicento da autore ignoto; ciascuna è incorniciata da una struttura decorativa in stucco o pietra che ne valorizza l’architettura.

Gli stipiti e l’architrave delle porte sono arricchiti da elementi decorativi come modanature e volute, sormontati da un’ampia arcata ribassata (o “unghiata”) che fa da fronte e conclude la cornice superiore.

Al di sopra dell’architrave si nota un motivo a rilievo che rappresenta una conchiglia che funge da chiave di volta. Questa cornice leggermente aggettante crea un piccolo timpano curvo, a dare movimento all’insieme.

Nella parte superiore, in posizione corrispondente ai portali sottostanti, si aprono due finestre rettangolari contornate da cornici in stucco: si tratta di una soluzione tipica dell’architettura tardo-rinascimentale e barocca siciliana, che sottolinea con sobria eleganza le aperture.

Il prospetto è affacciato sulla piazza Duomo e l’essenzialità del disegno esterno non lascia intuire la ricchezza degli stucchi e degli affreschi all’interno, secondo lo stile tipico degli oratori barocchi siciliani.

Gentile Visitatore, ti invito adesso ad entrare all’interno.

L’accesso all’oratorio avviene tramite le due porte in noce scolpite del diciassettesimo secolo, di autore ignoto.

Entrando, si giunge nel vestibolo, dove i confratelli si spogliavano dei loro abiti, simboleggiando la purificazione dai peccati. In questo spazio è conservata una lavagna raffigurante la Madonna del Monserrato, un’opera realizzata su ardesia da Giovanni Battista Arena nel milleseicento cinque.

L’aula principale dell’Oratorio del Santissimo Sacramento è un autentico scrigno d’arte barocca, riccamente decorato con stucchi e affreschi che esprimono il profondo legame tra arte e spiritualità. Pensata per accogliere i confratelli durante le cerimonie eucaristiche, quest’aula rispecchia pienamente lo spirito della Controriforma, con un’attenzione particolare alla celebrazione dell’Eucaristia.

Entrando, colpisce subito la luminosità degli stucchi, che ricoprono pareti e volta. Probabilmente attribuiti alla scuola di Giacomo Serpotta, essi presentano estrema cura dei dettagli e fondono armoniosamente scultura e pittura, con un’iconografia ricchissima che guida lo sguardo verso l’altare principale.

La volta dell’aula principale è un capolavoro barocco: gli stucchi bianchi, raffinati e dettagliati, si integrano con gli affreschi policromi, organizzati in modo da narrare la storia della salvezza, con particolare enfasi sull’Eucaristia. Al centro campeggia il “Trionfo dell’Eucaristia”, circondato dai Quattro Evangelisti, dai Re del Vecchio Testamento e dalla presenza di quattro delle dodici Sibille.

Le pareti laterali dell’aula sono suddivise in tre zone orizzontali:

La Prima Zona che rappresenta la parte inferiore, dove una lunga panca in noce corre lungo il perimetro. Qui i confratelli sedevano durante le celebrazioni. Sopra la panca, uno zoccolo decorato inquadra sezioni rettangolari, suddividendo visivamente lo spazio.

La Seconda Zona che si sviluppa nella parte mediana è quella in cui sono poste le otto statue allegoriche delle Virtù Teologali e Cardinali, collocate in nicchie ornate da grandi conchiglie con cortine drappeggiate, simbolo di protezione e sacralità.

La Terza Zona che completa la parte superiore è quella in cui si aprono sei finestre, ognuna riccamente decorata con stucchi raffiguranti putti, festoni, cesti di frutta, maschere grottesche, stemmi e volute fitomorfe, tipici del repertorio del Serpotta.

Questo ambiente, attraverso la combinazione di arte, simbolismo e architettura, invita alla contemplazione e alla preghiera, elevando lo spirito verso una più profonda comprensione del mistero eucaristico.

Ma, procediamo la nostra visita. Lungo il cornicione superiore spiccano otto statue allegoriche, realizzate con grande maestria, a simboleggiare le principali Virtù Teologali e Cardinali, più la rappresentazione della Chiesa. Tutte sono inserite all’interno di una cornice decorata con Fiori al centro della quale è posta una grande conchiglia.

La prima, posta al di sopra della porta d’ingresso di destra rappresenta la Prudenza. La virtù è qui resa con l’eleganza compositiva e la finezza esecutiva proprie della scuola di Giacomo Serpotta: l’atteggiamento raccolto, l’abito dai panneggi fluidi e il richiamo ad attributi devozionali – la Croce sorretta con la mano sinistra e il braccio destro appoggiato al ventre con in mano il cilicio – ne sottolineano il valore teologico e morale, inserendosi pienamente nel più ampio programma decorativo dell’Oratorio del Santissimo Sacramento.

Subito dopo, è posizionata la statua che rappresenta la Fortezza. La figura è colta in posizione seduta, con il busto eretto e la mano destra che sembra attirare l’attenzione sul petto. Alla sinistra della virtù è posizionata la Colonna simbolo della Forza intesa come una qualità interiore di fermezza di volontà.  Il capo della Donna è coperto da un velo leggero che, unito allo sguardo rivolto in avanti, suggerisce un misto di concentrazione e di austera determinazione.

 

Accanto alla virtù della Fortezza è posta la Virtù della Carità, raffigurata con le sembianze di una madre che allatta il proprio bambino, una rappresentazione simbolica molto diffusa nell’iconografia sacra barocca. La figura femminile è seduta con il busto inclinato verso il piccolo per accudirlo.  Il bambino è rivolto verso il seno materno, esprimendo con il gesto delle braccia e la tensione del corpicino il desiderio e la fiducia tipiche dell’atto d’allattamento. L’insieme crea un delicato dialogo di sguardi e gesti tra i due sottolineando un intenso valore simbolico, rendendo visibile l’idea che la Carità, nutrendo chi ne ha bisogno, costituisce il fulcro della vita spirituale all’interno dell’Oratorio del Santissimo Sacramento.

 

L’ultima Virtù posizionata alla sinistra dell’altare maggiore è la Fede. L’opera è caratterizzata da un panneggio morbido e avvolgente, un modellato delicato del volto e un ricco apparato decorativo barocco alle sue spalle, tipico del repertorio della bottega del Serpotta. La donna è colta in un atteggiamento composto ma dinamico, con un ginocchio sollevato che mette in evidenza l’abbondante drappeggio.

La mano poggia su un piccolo basamento di una colonna tronca, dove con la mano destra poggia il Calice Eucaristico, rimarcando l’idea di Fede cristiana fondata sulla presenza reale di Cristo nell’Eucaristia.

 

Il fronte dell’Absidale è incorniciato da a una ricca decorazione in stucco bianco, tipica dello stile barocco siciliano, con elementi ornamentali che includono motivi floreali, angeli e rilievi raffinati. É sormontato da un arco decorato con volute e dettagli scultorei, al cui centro sorretto dagli angeli e sono posizionati su una nube, il Calice e L’Ostia Eucaristica finemente decorati in oro, con sopra posizionata una maestosa corona. Sulle Colonne laterali, a metà della loro altezza, sono presenti due statue raffiguranti a sinistra Giosuè l’eroe biblico che guidò il popolo d’Israele nella conquista di Gerico facendo crollare le sue mura suonando le trombe di corno d’ariete. La posa energica, lo sguardo estatico e l’abito svolazzante sottolineano il carattere tipicamente barocco dell’opera, volto a enfatizzare pathos e movimento. Sulla destra troviamo Sansone, l’eroe biblico noto per la sua forza straordinaria. La figura, dall’aspetto vigoroso, con il torso nudo e la muscolatura evidenziata, ben si presta a personificare la possanza che simboleggia la forza derivante da Dio.

Continuando ad osservare alla destra del vano absidale incontriamo la prima statua seduta sul cornicione. L'opera, scolpita in stucco, raffigura una figura femminile seduta in una posizione dinamica, con lo sguardo rivolto verso l’alto in un gesto di fiducia e attesa. Si tratta della Virtù Teologale della Speranza. La statua è scolpita con la mano destra che regge un'ancora, simbolo tradizionale della Speranza cristiana, che rappresenta la salvezza dell’anima e la fermezza della fede anche nei momenti di difficoltà.

Accanto, continuando verso destra, è posizionata la Giustizia. La Statua rappresenta una figura femminile seduta con un atteggiamento maestoso, simboleggiando l’imparzialità e l’equità della Giustizia. Il panneggio dell’abito è scolpito con grande abilità, conferendo dinamismo e solennità alla composizione. La spada, tenuta con fermezza nella mano destra, simboleggia il potere della legge e la capacità della Giustizia di punire i malvagi e difendere i giusti. La bilancia (un tempo presente sulla mano sinistra), è il simbolo della misurazione equa delle azioni umane, rappresentava l’imparzialità del giudizio.

Subito dopo la Giustizia, la statua della Temperanza, con il suo gesto misurato e il suo simbolismo, trasmette un messaggio chiaro: l’equilibrio e la moderazione sono fondamentali per vivere una vita virtuosa, secondo i principi cristiani e morali. La donna è raffigurata mentre versa delicatamente dell’acqua nel braciere, un gesto altamente simbolico che rappresenta la capacità di moderare gli impulsi e di temperare il calore delle passioni con la ragione. Questo atto richiama il concetto di equilibrio e di misura, valori fondamentali della Temperanza

L’ultima statua posizionata accanto alla porta di ingresso posta a sinistra della parete in fondo rappresenta la Chiesa: La figura Statua è raffigurata seduta in una posa autorevole, con una gestualità solenne che esprime il suo potere spirituale e temporale. Il panneggio delle vesti è reso con grande maestria, conferendo un senso di movimento e solennità alla composizione. Indossa La Tiara Papale (rappresentante il Triregno): Questo copricapo a tre corone simboleggia i tre poteri del papa: l’autorità del papa sugli affari temporali, il ruolo del papa come guida morale e spirituale per l’umanità, il suo compito di rappresentare Cristo nella Chiesa cattolica.

Questo elemento sottolinea il primato della Chiesa cattolica nel governo delle anime e nel suo legame diretto con la divinità. La chiave, tenuta nella mano sinistra, rappresenta il potere conferito a San Pietro e ai suoi successori, il simbolo del potere di sciogliere e legare, cioè di perdonare i peccati o di escludere dalla comunità ecclesiale. Il gesto della mano destra, sembra indicare un atto di benedizione o di insegnamento, a simboleggiare la missione della Chiesa nel guidare i fedeli.

Sulla parete al fondo della chiesa, tra le due porte di ingresso, al centro notiamo un basamento rialzato rivestito in marmo. Questo spazio un tempo era riservato al Priore della Congregazione del Santissimo Sacramento, con al di sopra un aquila sormontata da un puttino con la scritta “Silentium”. Il Cartiglio invita i fedeli al silenzio e al raccoglimento alla presenza del Santissimo Sacramento.

Alla destra dell’aquila un affresco raffigurante Asa e alla sinistra Josaphat opere di Filippo Tancredi.

Sopra l’aquila la parte centrale dello spazio è occupata da una loggia le cui arcate sono sostenute da due colonne marmoree scure. Nella loggia, si trova un organo antico in legno intagliato, collocato in una posizione sopraelevata rispetto alla navata principale. Questa sistemazione è tipica degli oratori barocchi, dove l’organo serviva per accompagnare i momenti liturgici e le celebrazioni.

L’intera superficie sopra la loggia è completamente rivestita da una ricca decorazione in stucco bianco, con un tripudio di motivi floreali, angeli, volute e cornici barocche, tipiche delle maestranze siciliane del XVII-XVIII secolo.

Spostandoci con lo sguardo verso la parete posta alla destra della Loggia, ammiriamo le finestre perimetrali, tutte riccamente decorate da un'elaborata composizione di putti, volute, fogliami e motivi floreali che esaltano la tridimensionalità dello spazio. I putti sembrano animare l'architettura, emergendo dalle volute e dai riccioli con gesti dinamici. Sotto le finestre, sono presenti delle mensole trilobata scolpite, su cui si sviluppano alcune scene in rilievo che rappresentano episodi di miracoli eucaristici, contribuendo alla narrazione visiva dell'apparato decorativo dell'oratorio.

Subito sotto la prima finestra, sulla mensola è raffigurato San Pasquale Baylón, un santo francescano spagnolo noto per la sua intensa devozione all’Eucaristia. É posizionato accanto a una Capanna di paglia circondato da un gregge di pecore, un elemento simbolico che richiama il tema del Buon Pastore e del popolo di Dio.

Nella seconda Finestra, sulla mensola è realizzato il Miracolo di Torino. Secondo la tradizione, durante un furto sacrilego, un ostensorio contenente un’ostia consacrata venne trafugato, ma l’ostia rimase miracolosamente sospesa in aria, impedendo il sacrilegio e dimostrando ancora una volta la Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia.

Nella Mensola posta sotto l’ultima finestra posta alla sinistra del vano absidale, è realizzato il Miracolo di Bolsena avvenuto nel milleduecentosessantatrè. Il sacerdote, raffigurato in abiti liturgici medievali, si trova all'altare mentre eleva l’ostia consacrata. La sua espressione è di stupore e timore, poiché l’ostia sta sanguinando tra le sue mani.

Sulla parete opposta, alla destra del vano absidale, sulla mensola, è rappresentato il Miracolo in cui Sant’Antonio da Padova dimostrò la presenza reale di Cristo nell’Eucaristia a un eretico che metteva in dubbio questo dogma. Il santo, vestito con l’abito francescano e con un'aureola attorno al capo, è raffigurato mentre mostra l'ostensorio contenente l’ostia consacrata. Di fronte a lui, una mula inginocchiata in segno di venerazione verso il Sacramento. Secondo la leggenda, la mula, affamata dopo tre giorni di digiuno, rifiutò il cibo offertole per inchinarsi davanti all’Eucaristia, dimostrando così la verità della fede cattolica.

Su questa finestra, nella decorazione posta a sinistra tra le maschere allegoriche, a mezza altezza, si intravede un piccolo serpente detto “a sirpuzza”, da molti riconosciuta come la firma Giacomo Serpotta, anche se si ritiene che l’Oratorio del Santissimo Sacramento sia stato realizzato da Procopio Serpotta (figlio di Giacomo) e da altri artisti come Vincenzo Messina e i suoi figli, attivi nello stesso periodo a Carini.

Subito dopo sotto la seconda finestra, Il Santo Viatico in cui è rappresentata l’amministrazione dell’Eucaristia a un morente, un atto di estrema unzione e conforto.

L’ultima scena, posta nella finestra a sinistra della porta di ingresso, rappresenta Melchisedec che offre a Dio pane e vino momento che prefigura l’istituzione del Sacramento dell’Eucaristia.

Gentile visitatore ti invito a guardare verso la volta dell’oratorio.

 

La decorazione della volta dell’aula principale è uno degli elementi più elaborati e ricchi di simboli. L’affresco che campeggia al centro della volta dell’Oratorio del Santissimo Sacramento è concepito per esaltare il Trionfo dell’Eucaristia e avvolgere l’osservatore in un’autentica esperienza barocca di splendore e spiritualità. La superficie rettangolare è racchiusa da una cornice di stucchi riccamente ornati da motivi fitomorfi, angeli e volute, che amplificano l’effetto di teatralità tipico del barocco siciliano. Il centro della scena si dispongono angeli e figure allegoriche che innalzano simboli eucaristici, come il calice e l’ostia posti al centro della composizione, evidenziando l’idea della gloria divina che si irradia dal Sacramento. Le figure sono disposte in motivo spiraliforme o a più livelli verticali, in modo da creare l’effetto di un cielo aperto dove la luce, proveniente dall’alto, illumina i panneggi e accentua l’estasi dei volti.

 

Agli angoli della volta, si trovano le immagini dei quattro Re Biblici.

 

Alzando lo sguardo alla destra della Loggia: Josaphat.

 

L'affresco lo raffigura in un atteggiamento meditativo, intento alla lettura di un libro, con un mantello che avvolge il suo corpo, creando un contrasto cromatico con il resto della decorazione in stucco bianco. Sopra di lui, gli stucchi barocchi realizzati con grande maestria incorniciano la scena. Al centro dell'ornamentazione scolpita si vedono tre putti che reggono un cartiglio con la scritta "Josaphat", integrando armoniosamente il nome del personaggio all'interno della composizione. Infine, sopra la scena affrescata, è scolpito il mezzo busto del re.

 

Alla sinistra della Loggia, la scena pittorica mostra Asa avvolto in un ampio mantello dai toni scuri, con una lunga barba e uno sguardo intenso. Egli è raffigurato nell'atto di sollevare un braccio, impugnando una spada, probabilmente per sottolineare la sua autorità o il suo impegno nella difesa della fede. L’espressione del volto e la postura enfatizzano il suo ruolo di sovrano devoto e riformatore.

Sopra l'affresco, la decorazione in stucco barocco esalta la scena con ricchi dettagli ornamentali. Al centro vi sono tre putti che reggono un cartiglio con la scritta "Asa", identificando chiaramente il personaggio raffigurato. Ancora più in alto, troviamo il mezzo busto scolpito del re Asa, incorniciato da elementi architettonici e festoni decorativi. Il volto del re è circondato da una corona e ali spiegate, a sottolineare la sua autorità e la sua connessione con la sfera divina.

Al centro della Loggia dentro un tondo incorniciato da Ghirlande di fiori e foglie di Acanto è raffigurato Mosè. Il profeta è rappresentato con un aspetto solenne e maestoso: ha una lunga barba e un'espressione severa e concentrata, tipica delle iconografie che lo raffigurano come il portatore della legge divina. Indossa un manto ampio dai toni caldi, che crea un forte contrasto con il fondo scuro dell'affresco, evidenziando la sua figura. Nella mano sinistra tiene le Tavole della Legge, simbolo del patto tra Dio e il popolo d’Israele. Su di esse sono incisi i Dieci Comandamenti, con caratteri che richiamano l’ebraico antico.

Guardando la volta, intorno all’affresco centrale del Trionfo dell’Eucaristia, sono rappresentati alternativamente le Sibille e i quattro Evangelisti.

Secondo la tradizione cristiana medievale e rinascimentale, le Sibille, figure pagane, avrebbero profetizzato (al pari di Isaia o altri profeti biblici) l’avvento del Messia. La loro presenza sottolinea, dunque, la dimensione universale e “profetica” che converge nel mistero dell’Eucaristia.

Nella zona della volta, posta alla sinistra rispetto all’altare, incontriamo la Sibilla Cumea. È la famosa profetessa di Cuma (localizzata in Campania), nota per aver anticipato l’idea della venuta di un Salvatore; nella tradizione cristiana, alcune sue profezie sono interpretate come riferimenti all’avvento di Cristo.

Accanto alla Sibilla è raffigurato San Luca con accanto un toro, emblema della pazienza e del sacrificio di Cristo. L’evangelista è rappresentato nell’atto di scrivere il suo vangelo.

Subito dopo l’affresco con San Marco con in primo piano il Leone, simbolo di forza, regalità e coraggio.

Conclude la composizione La Sibilla Frigia, che, secondo la tradizione classica, operava nella regione asiatica della Frigia, e anch’essa è annoverata tra le profetesse pagane che avrebbero preannunciato l’incarnazione di Cristo.

Posando lo sguardo sull’angolo in alto, alla sinistra dell’altare maggiore, troviamo l’affresco in cui è rappresentato Salomone. Il re è ritratto nell'atto di esprimere un giudizio, un chiaro riferimento alla sua fama di monarca saggio e giusto, reso celebre dalla Bibbia, in particolare dall'episodio del Giudizio di Salomone. L'affresco è incorniciato da una scenografica decorazione che amplifica il senso di movimento e teatralità. Tre putti, che reggono un cartiglio con la scritta "Salomon", identificando chiaramente il re biblico. Ghirlande floreali e motivi fogliacei, incorniciano e arricchiscono la composizione. La composizione culmina con il mezzo busto scolpito di Re Salomone, posto sopra l'affresco.

Nel tondo posto al centro, sopra la corona della parete absidale, è affrescato Melchisedec. Il Profeta è raffigurato con un aspetto autorevole: indossa un ricco mantello e una corona, simbolo del suo ruolo regale, e tiene tra le mani un il pane o un calice, chiaro riferimento alla sua offerta di pane e vino ad Abramo. Il suo gesto è interpretato come una prefigurazione dell’Eucaristia, sacramento centrale della Chiesa.

Nella parte della volta, posta alla sinistra rispetto all’altare, incontriamo

Sibilla Libica considerata, nell’immaginario antico, sede di oracoli, è raffigurata di tre quarti, seduta su un trono.

Accanto ad essa l’affresco di San Matteo è rappresentato con il simbolo dell’angelo, poiché l’Evangelista avrebbe ricevuto ispirazione divina per scrivere il proprio testo

Subito dopo, l’affresco con San Giovanni.  E rappresentato accanto ad un’aquila, simbolo della sua capacità di “sorvolare” le verità teologiche più alte, e con un libro aperto ad indicarlo come autore del quarto Vangelo e dell’Apocalisse.

Accanto all’affresco di San Giovanni, conclude la composizione della volta la Sibilla Delphica

Proveniente dall’oracolo di Delfi, nell’antica Grecia, la Sibilla Delphica è una delle più note sibille citate nella tradizione cristiana, in quanto avrebbe profetizzato la venuta del Messia.

Adesso, gentile visitatore ti invito a raggiungere l’altare centrale.

Il presbiterio è il fulcro liturgico e spirituale dell’Oratorio.

Qui si trova l’altare maggiore realizzato con marmi pregiati, riccamente decorato, su di esso è posizionato il tabernacolo dorato dove è custodito il Santissimo Sacramento. Domina lo spazio la grande tela dell’Ultima Cena, attribuita a Pietro d’Asaro detto “il monocolo di Racalmuto”.

La scena presenta Gesù al centro della tavola, circondato dagli apostoli. L'atmosfera è intima e drammatica, con i personaggi disposti in atteggiamenti diversi, alcuni intenti a conversare, altri colti da emozioni intense. Il dipinto appare scuro e presenta forti contrasti chiaroscurali, che accentuano il pathos della scena. L’opera rispecchia le caratteristiche della pittura seicentesca.

Sopra la tela un fastoso gruppo scultoreo in stucco si sviluppa intorno a un cartiglio centrale recante l’iscrizione in latino attribuita a San Giovanni Crisostomo: “Cogita quali mensa fruaris” che significa “Pensa bene a quale banchetto ti accosti” sorretto da un’aquila, emblema di San Giovanni Evangelista. Ai lati del cartiglio sono scolpiti due putti in atteggiamento simmetrico, con corpi leggermente reclinati e braccia distese. Entrambi sembrano sorreggere o incorniciare il cartiglio con motivi a volute e foglie d’acanto.

 

Alla sinistra dell’altare maggiore è posizionata la tela con Sant’Elia. La tela raffigura l’episodio biblico in cui il profeta, sfinito e affamato durante il suo ritiro nel deserto, viene soccorso da un angelo inviato da Dio. La composizione, tipicamente barocca, è ricca di movimento, con l’angelo che si china verso Elia per offrirgli il pane e l’acqua necessari a riprendere le forze. L’angelo è la figura dominante nella parte sinistra del dipinto, con vesti leggere e movimentate dal vento (un tipico espediente per dare dinamismo). Il suo gesto, di porgere del cibo, è colto nell’atto di alleviare la sofferenza del profeta, sottolineando la carità e la grazia divina.

Sulla parete opposta la tela che raffigura la Moltiplicazione dei Pani e dei Pesci. La scena si sviluppa in primo piano con la presenza di Gesù e dei discepoli, mentre sullo sfondo si intravede la moltitudine che attende il cibo miracoloso. Il gruppo centrale è composto da Gesù, avvolto in un manto rosso, e da due discepoli accanto a lui, che sembrano ascoltarlo. In primo piano sulla destra si vede un ragazzo, il “fanciullo” del racconto evangelico che porge il proprio paniere con alcuni pani e dei pesci agli apostoli. Alle spalle delle figure principali, si intravede la moltitudine in attesa, seduta o in piedi, pronta a ricevere il cibo miracoloso.

Sulla piccola volta del presbiterio, gli affreschi di Abramo, Isacco e Giacobbe ne rafforzano il legame con l’antica alleanza e la promessa divina.

Nel 1932, Monsignor Filippo Pottino dedicò un’analisi a questi stucchi in occasione del secondo centenario della morte di Serpotta, evidenziando l’innegabile impronta dello scultore ma anche la possibilità di un lavoro a più mani. In ogni caso, le decorazioni custodite qui a Carini testimoniano la grandezza della tradizione serpottiana e costituiscono un patrimonio artistico e spirituale di straordinario valore.

Gentile visitatore, si conclude qui il nostro racconto.

La Jonathan Livingston odv ti ringrazia per aver visitato l’Oratorio del Santissimo Sacramento.

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